IL FUOCO ERA LA CURA

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IL FUOCO ERA LA CURA

liberamente ispirato a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury

“Non è necessario bruciare libri per distruggere una cultura. Basta convincere la gente a smettere di leggerli”

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury descrive un futuro distopico in cui è vietato leggere, schermi costantemente accesi alienano il tempo libero delle persone e il tentativo di pensare causa malessere fisico. Ironicamente, il corpo dei pompieri non è più impiegato per spegnere gli incendi, bensì per bruciare i libri e se necessario i loro possessori.
Il libro è uscito circa 70 anni fa, nel 1953, ma è ambientato nel futuro, cioè negli anni ’20 del XXI secolo – vale a dire oggi. Tu però ti trovi nel XXI secolo e stai leggendo questo testo, quindi Bradbury si è sbagliato? Dipende come intendiamo la distopia: una previsione sul futuro che a un certo punto viene confermata/smentita oppure un allarme sul presente che continua a rinnovarsi?
Il fuoco era la cura attraversa e rilegge liberamente Fahrenheit 451, lo consuma come si fa con un libro amato, letto mille volte e trascinato in mille luoghi, lo sporca, lo dimentica da qualche parte e poi lo ritrova, mentre la copertina sbiadisce, la carta si scolla e le pagine si riempiono di appunti, biglietti, segnalibri e ricordi. Cinque performer ripercorrono la storia del romanzo, si identificano coi personaggi, si muovono in senso orizzontale mappando i coni d’ombra, le cose che Bradbury non ci spiega o non ci racconta, creando linee narrative parallele, deviazioni teoriche, costruendo anche le cronache di un tempo intermedio fra il nostro presente e un futuro anticulturale in cui l’istupidimento ci salva dal fardello del pensiero complesso.
Se Bradbury si fosse sbagliato solo di qualche anno, se Fahrenheit 451 accadesse davvero, noi cosa faremmo?

Crediti

creazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
con Flavia Comi, Davide Fasano, Fabio Mascagni, Radu Murarasu, Cristiana Tramparulo
scrittura Daniele Villa

luci Marco Santambrogio
abiti di scena Ettore Lombardi
suoni Simone Arganini
coreografie Giulio Santolini
oggetti di scena Eva Sgrò
tecnica Monica Bosso
amministratrice di compagnia Luisa Bosi

produzione Teatro Metastasio di Prato, Sotterraneo, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
con il sostegno di Centrale Fies / Passo Nord
residenze artistiche Centro di Residenza della Toscana (Fondazione Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), La Corte Ospitale, Centrale Fies / Passo Nord 

Sotterraneo è Artista Associato al Piccolo Teatro di Milano, fa parte del progetto Fies Factory ed è residente presso Teatri di Pistoia

RECENSIONI

È al destino delle nostre comunità, compromesso da culture wars o da vecchi e nuovi autoritarismi, che guardano infatti i Sotterraneo, mutuando da Fahrenheit 451 l’abbrivio romanzesco di un futuro distopico, dal quale i libri, e con esso la cultura tout court, sono ormai banditi. […] I fili del tessuto testuale si sovrappongono e si meticciano, trasformando le immagini di Fahrenheit 451 in interrogativi filosofici e affondi antropologici […]  e nelle confessioni di un gruppo di attori, riunitisi in un futuro non così improbabile. Come in un romanzo, i capitoli indicati dalle didascalie proiettate sui due schermi delimitano gli ambiti cronologici di un’opera che spazia attraverso le ere e le epoche, condensandole nell’immediatezza di un fatto – il teatro – perennemente antico: ancestrale come i racconti di un tempo, pronunciati nel buio rischiarato da un fuoco, e ormai dimenticato come una vecchia moda, un vizio da perdere, una cattiva abitudine fortunatamente sconfitta.”

Alessandro Iachino, Doppiozero

“Quello che forse colpisce di più de “Il fuoco era la cura”, allora, il suo messaggio carsico e potente anche se si potrebbe definirlo “indicibile”, sta nella disposizione con cui il divieto dei libri e della scrittura viene accolto dalla popolazione: con sollievo. I libri ci mancano, sì, come ci manca il teatro – e alcune manifestazioni semi legali che lo ricordano sono un fuoco che resta acceso, che sfida lo stato delle cose. Ma abitare la fine dei discorsi d’odio, delle diatribe culturali più tribali che sostanziali, dell’inquinamento costante della realtà operato dal linguaggio pubblico… beh, viene accolto con un terribile “finalmente”. […] Quante svolte autoritarie, nel corso della storia, sono cominciate con un “finalmente”? Averlo presente mentre si entra in empatia con quella posizione è forse il regalo più terribile, avvelenato, che il Sotterraneo – tra le più intelligenti compagnie della scena contemporanea – fa al suo pubblico con questo spettacolo.”

Graziano Graziani, Stati d’Eccezione

“Se fossimo in un Paese in grado di valorizzare le eccellenze, il Sotterraneo sarebbe analizzato nei contesti culturali nazionali e internazionali, non solo rappresentato ovunque ma discusso – sui giornali, in TV, in radio e sul web – assieme all’uscita dei grandi libri di letteratura, dei grandi film che si presume faranno la storia del cinema, sarebbe cioè inserito nel dibattito perché dice qualcosa di importante sulla contemporaneità con limpidezza e qualità ineccepibili e raffinate.”

Simone Nebbia, Teatro e Critica

“Il tocco dei Sotterraneo di cui parlo sta proprio qui: nella loro capacità di far emergere il proprio pensiero sul mondo amplificando usi, commistioni e abusi degli immaginari e dei linguaggi prodotti dal sistema e dall’industria culturale. E lo fanno in modo sia accattivante – fin quasi a rendere sexy anche il male – che intellettualmente onesto. […] Più della risata leggera si gode dell’arguzia, dell’intelligenza della costruzione, guardando a quanto di miracoloso il teatro ancora può fare per raccontare il tempo che viviamo. […] Ho dentro una sensazione emotiva durissima, che si rafforza con l’andare dei giorni. Siamo di fronte a un gioiello.”

Renzo Francabandera e Matteo Brighenti, Pac Paneacquaculture

“Siamo in un’era in cui Bradbury è vintage, preistoria. E si ripercorre con altra coscienza l’antropocene, segnato dal pensiero, sempre meno buono, dell’uomo. E qui i conti tornano, con lo slittamento verso futuri più minacciosi. […] Seriamente bravi, quelli di Sotterraneo. […] Encomiabile l’uscire ed entrare esplicito, a volte molto ironico, dalle eredità narrative del dopo-Bradbury. […] E possiamo sentire tutto il presente autoritario del controllo dei flussi d’informazione nella frase «se vuoi che qualcuno sia felice non fargli sapere che esistono due aspetti di una questione», pronunciata dal capitano dei pompieri […] Perfetti e mai tranquillizzanti, i Sotterraneo.”

Rodolfo di Giammarco, La Falena

“Era un piacere bruciare tutto. Era un piacere particolare veder le cose divorate, annerite, trasformate. Inizia così Fahreneheit 451 di Ray Bradbury, romanzo distopico di un mondo post-atomico, in cui i libri sono banditi, in cui i pompieri invece di spegnere il fuoco, lo appiccano per bruciare la tentazione di elaborare un pensiero critico, divergente rispetto a quello dominante. Ed è quello che con acuta e caparbia determinazione porta avanti, da sempre, il collettivo Sotterraneo, impegnato a dare vita alla consapevolezza di un pensare altro o semplicemente offrire una visione consapevole dello stato di crisi antropologico/culturale in cui versiamo. […] Il fuoco era la cura è uno spettacolo colto, senza essere pretenzioso, è un lavoro leggero nei toni ma che ti scava dentro, è un viaggio in un futuro che assomiglia troppo al nostro presente è un monito per tutti.”

Nicola Arrigoni, Sipario

“Se proprio una forma verbale si volesse trovare per lo spettacolo, bisognerebbe parlare di futuro anteriore. Cioè di un futuro che già è diventato passato, o sta per esserlo. Guardare da un tempo futuro, e pensare di viverlo nel presente. Non siamo lontani dall’angelo della storia di Walter Benjamin, che vola verso il futuro con lo sguardo rivolto al passato, a cui non per caso aveva felicemente attinto la precedente creazione di Sotterraneo. Dove insomma il futuro è il mezzo, ma ciò che interessa è il presente.”

Gianni Manzella, Il Manifesto

“Che succede se dopo che il XX secolo ha lottato per una democratizzazione del sapere, la base democratica nel XXI secolo deciderà che non le importa nulla di quel sapere (i libri, la cultura, l’istruzione)? […] La costante anche se virata da una vena apocalittica, è l’ironia e l’intelligenza, il gioco tra molte opzioni interpretative possibili, con l’invito a non prende “alla lettera” nulla, nemmeno la distopia politica di Bradbury. […] La “nube tossica mediatica” avvelena il pensiero, e il manicheismo social degli attivisti senza sfumature somiglia all’ottusità di Beatty, al suo populismo semplificatorio. […] “Il fuoco era la cura” è un eccellente esempio di rito teatrale che si celebra nel suo sviluppo decostruito. Tra amarezza (crediamo il fuoco-autoritarismo una minaccia, si presenterà come cura di ciò che era già malato, compreso ciò che si riteneva nel giusto) e la speranza del debole vento messianico della Storia che procede per “choc” (scorrono alla fine sullo schermo le date dei grandi roghi, da quello dell’imperatore cinese fino a quelli del Corano oggi, ma passando per l’ira “cancel” sia di destra che di sinistra) l’opzione è aperta.”

Mario de Santis, Huffington Post

IL FUOCO ERA LA CURA Trailer

GALLERY

ph. © Masiar Pasquali courtesy di Piccolo Teatro di Milano

TOURING

2024

Il Fuoco Era la Cura

Teatro Fabbricone, Prato
Piccolo Teatro, Milano
Teatro Metastasio, Prato
Festival delle Colline Torinesi, Torino
Fuori Luogo, La Spezia
Teatro Palladium, Roma
Arena del Sole, Bologna
CSS, Udine

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